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Vai allo shop19 Luglio 2022
Piedi per terra, e progetti che vanno oltre l’archetipo per aggiungere un dettaglio oppure una funzione in più. Per portare l’arredo all’evoluzione non solo dal punto di vista formale ma soprattutto dal punto di vista progettuale con l’obiettivo di migliorarne l’esperienza d’uso e renderla più intelligente e completa. Paolo Lucidi e Luca Pevere sono due progettisti di grande concretezza e allo stesso tempo si identificano in uno stile dall’eleganza essenziale. Che funziona perfettamente sia negli interni domestici che negli spazi contract più sofisticati. All’ultima edizione del salone del mobile hanno presentato, tra i vari progetti, anche le nuove collezioni di sedute Carinzia per Wittmann e Fondina per Arrmet. In passato si sono fatti apprezzare per progetti lungimiranti e dalla lunga vita come l’iconico divano Païpaï per Ligne Roset, la seduta Chignon per Gebrüder Thonet Vienna e la lampada Aplomb per Foscarini, per citarne solo alcuni.
Perché avete deciso di fondare uno studio insieme?
Ci siamo incontrati al Politecnico di Milano dove entrambi studiavamo e dopo varie esperienze professionali, siamo rientrati in Friuli nel 2006 e nel 2012 abbiamo deciso di fondare lo studio. È un piccolo studio in cui gestiamo personalmente ogni aspetto delle collezioni. Quando entriamo in contatto con un’azienda presentiamo ciascuno una proposta in base alle richieste e poi la proposta che viene scelta si porta avanti in collaborazione, anche se la “paternità” resta di uno dei due.
Come è nata la collaborazione con Wittmann e in particolare la nuova collezione Carinzia?
La nostra collaborazione è iniziata circa tre anni fa e prosegue anche oggi, con il nuovo direttore artistico Luca Nichetto. L’idea dell’azienda era rifondare il settore delle sedute dining e in particolare ci hanno chiesto una sedi a in legno. Dopo aver passato in rassegna i pezzi storici dell’azienda, aver visitato gli stabilimenti, il museo dell’azienda a Vienna con i vari arredi Biedermeier e secessione viennese abbiamo provato a sintetizzare la storia del design austriaco e i processi produttivi dell’azienda.
La seduta Carinzia ha una parte in legno che non è assemblata con i classici innesti ma con un sistema per cui la spalliera sembra quasi appoggiata sulle gambe e un sedile alto ma sfinato sui bordi che mette a frutto l’esperienza dell’azienda sul comfort. L’obiettivo è portare avanti la tradizione storica del brand ma parlare anche a un pubblico più giovane e con un gusto contemporaneo.
Da cosa nasce, invece, l’ispirazione per la seduta Fondina per Arrmet?
È la prima seduta in legno di Arrmet che fino ad oggi aveva puntato sulla struttura in metallo con una componente imbottita. Abbiamo pensato alla classica sedia da bistrot ma con qualcosa di diverso. L’ispirazione formale è la seduta in stile scandinavo caratterizzata da un piano e un pannellino imbottito: siamo partiti da questo modello ma lo abbiamo reso più confortevole. La seduta è in legno scavato e quindi ospita la metà dello spessore del cuscino che quindi risulta più comodo. Ed è dotato di un sistema a calamita che lo tiene agganciato alla sedia che quindi è facile da movimentare.
Che tipo di evoluzione sta avendo la progettazione per il settore contract?
C’è sicuramente una sovrapposizione tra i due ambiti anche perché con questo approccio un’azienda riesce a raggiungere due mercati diversi con lo stesso prodotto. C’è un’osmosi tra i due settori, come del resto c’è anche tra l’indoor e l’outdoor, tra la casa e l’ufficio e così via: non ci sono più barriere tra i vari settori e tutti dialogano in modo lineare.
In questa edizione del Salone del Mobile la sostenibilità è stato il tema ricorrente: qual è la vostra visione rispetto a questo problema?
Se ne parla tanto ma le soluzioni davvero convincenti sono poche. Al Salone del mobile forse è mancato quel momento di rottura con il passato che ci si aspettava in questo campo. C’è sicuramente un’attenzione maggiore, e l’applicazione del principio della sostenibilità ad alcuni aspetti della progettazione, ma raramente al progetto nel suo complesso.
Come vi immaginate il vostro lavoro tra dieci anni?
Quello che ci sembra di osservare è una riduzione del numero di progetti. E pensiamo che sia una direzione giusta. Meno progetti ma magari più pensati nella gamma, nella sostenibilità. Prodotti più longevi, meno azzardati, una progettazione più concreta e con i piedi per terra.