Michele De Lucchi sul potere narrativo degli oggetti

23 Dicembre 2022

Michele De Lucchi

E sulla necessità dell’individuo di costruire storie attraverso l’architettura e il design di cui si circonda

Michele De Lucchi è un gigante del design italiano e internazionale. Ha attraversato da protagonista la seconda metà del ‘900 e oggi, con la sapienza del grande saggio, è in grado di osservare i fenomeni leggendoli attraverso la lente di un’esperienza a tutto campo. Allo stesso tempo, nel corso degli anni, ha saputo camminare in equilibrio tra sperimentazione e industria, senza dimenticare le sue radici-radicali legate alle relazioni con il gruppo Memphis e con Ettore Sottsass, periodo in cui, lui stesso ironicamente racconta “facevo il designer sovversivo”.

Secretello Molteni
Secretello di Molteni&C

De Lucchi ha portato avanti su binari paralleli collezioni sperimentali, collaborazioni industriali, incarichi di prestigio. Senza mai rinunciare a un briciolo della sua personalità creativa. Arredi, luci e accessori da lui disegnati sono protagonisti familiari al contesto domestico ma non solo: dalle lampade Tolomeo – premiata con il Compasso d’Oro nel 1989 – e Dioscuri entrambe per Artemide, dalla serie Plissé per Alessi allo scrittoio Secretello per Molteni & C. solo per citarne alcuni. Ironici, gentili, contemporanei, i suoi progetti hanno uno spiccato senso narrativo, per rispondere, come lui stesso racconta, alla necessità dell’uomo di immergersi nelle storie per relazionarsi al mondo.

Seduta Radetzky di Wiener GTV Design

Da un intervento sperimentale alla progettazione per la produzione industriale c’è un punto di contatto, cosa si perde e cosa si guadagna?

Mi vengono in mente due ragionamenti. Uno riguarda il tema di discipline come arte, design, architettura che nell’evoluzione che abbiamo dato a noi stessi abbiamo fatto diventare discipline sempre più chiuse e indipendenti le une dalle altre. In realtà sono tre discipline che nascono tutte da un atteggiamento di pensiero creativo volto a individuare e creare un futuro migliore.

Da artista pensi di avere solo te stesso come giudice, da designer hai come giudice le persone interessate al tuo prodotto: le imprese e il mercato, i commercianti e i negozianti. Come architetto hai come giudice non solo chi è interessato al tuo prodotto ma anche gli immobiliaristi, gli abitanti che vanno a usare quel luogo, costruttori e investitori. Ma hai come giudici anche tutti quelli che non c’entrano niente ma che si trovano improvvisamente un nuovo edificio davanti a loro, in mezzo alla strada che percorrevano sempre, che si trovano a rinunciare a un prato e avere invece una costruzione. A quel punto anche loro sono importanti.

Lampada Tolomeo di Artemide

Per cui c’è questa scala di rapporto con te stesso, con il mondo di oggi, con l’umanità che implica un frazionare l’obiettivo del tuo lavoro in maniera diversa, un frammentarlo. E per me questo è indispensabile. Perché se fai solo l’architetto diventi un burocrate, se fai solo il designer diventi un tecnico, se fai solo l’artista diventi un sognatore. Se non metti insieme queste tre cose qui non riesci a proporre qualche cosa di veramente utile.

tolomeo artemide
Lampada Tolomeo di Artemide

Spostandoci sul lato delle persone che scelgono di circondarsi di questi oggetti: che relazione c’è tra le persone e questi oggetti, affettiva, contemplativa, finanziaria?

Me lo domando molto perché sono certo che il valore maggiore che noi diamo agli oggetti, all’architettura e all’arte, sia legato a un obiettivo di narrazione. Noi come uomini inventiamo storie, raccontiamo storie e gli diamo un significato. Usiamo le storie per capirci, per mandare avanti le idee per evolverci. Anche semplicemente per relazionarci gli uni con gli altri. Abbiamo inventato delle storie incredibili come uomini. L’antropologo israeliano Yuval Harari ha proprio approfondito questo aspetto delle storie, della narrazione. E sostiene che tutto sia una storia: dalle religioni al denaro che è un’invenzione che gli uomini hanno creato per capirsi, per scambiarsi le cose. È una storia, non è un oggetto. E questo rapporto che noi creiamo attraverso le storie, la fantasia, gli argomenti che troviamo attraverso le storie, è l’atto creativo più straordinario che possiamo osservare.

plissé alessi
Plissè di Alessi

Ed è questo che ci spinge a circondarci di determinati oggetti?

Credo che per molte persone ci sia il problema di integrare con degli oggetti le narrazioni che più ci colpiscono, che più ci penetrano che sentiamo di volere e possedere di più. E credo che da qui nasca il collezionismo, il piacere di avere un contatto. La sinestesia è quel processo neuronale per cui i neuroni con i quali noi distinguiamo le cose buona dalle cose cattive, le cose belle da vedere dalle cose brutte da vedere, i suoni piacevoli da quelli sgradevoli, i sapori buoni da quelli cattivi è lo stesso. Molte persone infatti hanno quello che è considerato un disturbo che li porta a sbagliare o di combinare il suono con i colori, l’olfatto con il gusto e così via. Perché alla fine c’è questo meccanismo chimico favoloso che ci fa apprezzare o disprezzare il mondo. E i collezionisti hanno una necessità in più di vivere con i sensi quello che è il loro racconto nella testa.

De Castelli Existence
Existence di De Castelli
Memphis Antares Vaso
Memphis Antares Vaso
Artemide Dioscuri
Baxter Plissé Madia
Wiener GTV Design Radetzky Sedia
Molteni & C. Secretello Scrittoio
Artemide Tolomeo
Riva 1920 Torre Lignea Libreria