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Vai allo shop15 Marzo 2024
Ci racconta come e perché sarà una rivoluzione ma non potrà sostituire l’esperienza e la passione del designer
Martina Castagna è la persona giusta per capire, davvero, come l’intelligenza artificiale sta cambiando il mondo della progettazione e del design. Perché la realtà in cui è nata e cresciuta e si è formata come architetto è un mix perfetto di vecchia e nuova scuola dal momento che suo padre è Massimo Castagna, tra i più importanti designer del nostro tempo, e che Martina non si è limitata a seguire le orme paterne: ha colto al volo le opportunità del presente fondando, come racconta, una start up/studio che impiega l’intelligenza artificiale per la progettazione.
Nella progettazione di spazi e arredi con l’intelligenza artificiale cosa cambierà e cosa resterà uguale?
Questa domanda mi fa sorridere perché cade a pennello: ho appena aperto un mio studio di design di interni e di prodotto che nasce come startup innovativa, in quanto la progettazione è interamente supportata da Intelligenza Artificiale, attraverso un metodo che ho inventato io stessa: siamo il primo studio in assoluto a farlo e stiamo suscitando molto interesse sia da parte delle aziende, per quanto riguarda il design di prodotto, sia dai clienti privati, per il design di interni.
L’AI generativa ha completamente rivoluzionato il mio modo di lavorare: quando ho cominciato a interessarmi di innovazione e a studiare l’intelligenza artificiale ne ho colto fin da subito un grandissimo potenziale per il nostro settore, ma capire come applicarla in maniera utile e costruttiva ha richiesto molto più tempo.
Grazie all’AI ho completamente invertito il normale processo creativo per lo sviluppo di un prodotto: generalmente, infatti, quando si sviluppa un arredo da proporre ad un’azienda, si parte da un concept iniziale come uno schizzo a matita che poi viene rappresentato in 2D con le dimensioni corrette e se necessario, viene realizzato un 3D per capire l’ingombro e la forma generica. Con il mio metodo invece, faccio l’esatto opposto: lavoro fin da subito sul render del prodotto, che mi aiuta notevolmente perché mi permette fin da subito di capire come sarà realmente, una volta ottenuto l’aspetto generico che sto cercando, procedo modificandone le singole parti, infine una volta ottenuto il concept, lo propongo alle aziende e se piace, soltanto in un secondo momento procedo con la sua rappresentazione tecnica in 2D.
Quello che ho notato applicando questa metodologia è che, portando questo genere di concept in azienda, risulta molto più semplice far capire le potenzialità del prodotto, poiché ci si ritrova davanti una vista “realistica” del prodotto e non uno schema tecnico in 2D (a volta di difficile comprensione), vista che può essere addirittura contestualizzata all’interno di un ambiente che segue lo stesso mood e lo stesso stile del prodotto realizzato.
Per questo motivo credo che nei prossimi anni l’AI diventerà sempre più uno strumento a supporto della progettazione. Quello che però non cambierà mai, è l’esperienza, la passione e la bravura del designer che stanno dietro alle macchine: facendo ricerche in rete, mi è capitato più volte di trovare digital artits veramente in gamba, in grado di creare immagini incredibili e per certi versi fiabesche, ma quello sono rimaste, delle immagini virali soltanto in rete.
Nel lavoro del designer, l’estetica e la rappresentazione grafica giocano sicuramente un ruolo fondamentale, ma non c’è soltanto questo: è un lavoro a tutto tondo in cui servono delle competenze di base e una consapevolezza degli spazi, bisogna saper fare ricerca, saper abbinare correttamente colori e materiali e saper creare layout di un’intera casa che non sia soltanto bella esteticamente, ma che FUNZIONI.
Con AItelier Castagna, la mia startup/studio faccio proprio questo: unisco anni di esperienza come designer alle potenzialità dell’AI, utilizzandola come supporto e parte integrante del processo creativo, dando vita a progetti di interni e prodotti che hanno forme nuove e rivoluzionarie, ma che allo stesso tempo trovano una vera e propria applicazione nel reale, non limitandosi soltanto al mondo digitale.
Il rapporto quotidiano con il digitale, in che modo influenza il nostro gusto estetico?
Il mondo digitale è ormai parte integrante delle nostre vite e ha contribuito notevolmente ad influenzare il gusto estetico delle persone: se una volta i clienti si rivolgevano ad un architetto per rifare casa e si affidavano completamente a lui per qualsiasi scelta, dalle finiture all’arredamento, ora invece, è tutto sempre “a portata di mano” e sono i clienti stessi che a volte propongono un determinato tipo di arredo o di materiale. Il mondo digitale però è anche un mondo molto saturo: ogni giorno veniamo bombardati da una grande quantità di contenuti che in molti casi creano confusione e credo che in questo contesto, la figura di un architetto/interior designer sia ancora più importante e fondamentale per guidare il cliente verso la scelta più appropriata in mezzo ad una moltitudine di opzioni.
Nei progetti di Fòc, Bon Vin e Ert per Pedretti Home accosti la pietra ad altri materiali per creare accessori scultorei e funzionali: in che modo ti sei approcciata a questo materiale così particolare?
Per la collezione Continuum ho utilizzato la Dolomia, pietra tipica delle Dolomiti e del Trentino (a cui è dedicata la collezione stessa).
Nonostante il suo aspetto molto granuloso, la Dolomia è una pietra elegante, massiccia e molto resistente, perfetta quindi per soluzioni architettoniche e per oggetti di design: a livello tecnico, quindi, non è stato difficile lavorare con questa pietra che abbiamo cercato di mantenere il più naturale possibile, applicando lavorazioni leggere e non invasive e mantenendo le sue irregolarità e le imperfezioni.
Nella collaborazione con Tonelli Design, invece, è protagonista il vetro: che tipo di sfide tecniche e progettuali hai dovuto affrontare per realizzare il tuo progetto per l’azienda?
Tonelli Design è un’azienda che nasce come azienda di prodotti in vetro, motivo per cui il suo utilizzo gioca un ruolo di primaria importanza. Insieme a mio padre, che ne cura la direzione artistica, negli anni abbiamo introdotto l’utilizzo di altri materiali che vengono abbinati al vetro che gioca sempre un ruolo da protagonista. La mia sfida in questo caso è stata proprio “dare al vetro un qualcosa in più” che permettesse ai miei prodotti di differenziarsi in mezzo a un’ampia scelta di arredi realizzati con lo stesso materiale: da qui l’idea di Updown , dei tavolini con forme molto semplici, realizzati in vetro colorato e metallo. La potenzialità di questo prodotto credo stia proprio nel fatto che è molto semplice e per realizzarlo non abbiamo incontrato molte difficoltà a livello tecnico, ma la resa estetica è veramente appagante.
Che cosa hai imparato da tuo padre, Massimo Castagna, e cosa senti di potergli insegnare?
Da mio padre ho imparato l’etica del lavoro. Prima di avviare la mia attività ho passato anni in ufficio con lui, anni durante i quali non mi è mai stato “abbonato” o regalato nulla: ricordo ancora il primo giorno che ho messo piede in studio, sono stata messa a disposizione di un mio collega che si occupava di Interior Design e ho lavorato sotto di lui per mesi, prima di guadagnarmi la possibilità di portare avanti una parte di progetto da sola e revisionarla direttamente con mio padre, senza passare per qualcuno che facesse da tramite.
Quindi si, se c’è una cosa che mi ha insegnato è sicuramente questa: che nella vita nessuno ti regala niente e che, se vuoi qualcosa, devi crederci, farti in quattro ed andare a prendertela perché nessuno lo farà per te.
Lavorando con lui ho imparato ad arrangiarmi e combattere da sola le mie battaglie. Se dovessi insegnargli qualcosa, probabilmente gli insegnerei a guardare il mondo da un’altra prospettiva: lui appartiene ad una generazione molto diversa dalla mia, una generazione di modelli rigidi, schemi mentali “standard” in cui i progetti si potevano fare soltanto in un determinato modo, l’unico che tuttora per lui è quello corretto. Oggi però il mondo cambia e si evolve ad una velocità impressionante, non esistono schemi “standard” e credo sia importante avere una visione a 360 gradi, flessibile e predisposta al cambiamento, altrimenti si resta perennemente ancorati al passato e non ci si evolve o migliora.