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Vai allo shop10 Aprile 2025
Un’evoluzione fatta di ascolto, disciplina e sensibilità materica: il design come esito di una profonda ricerca.
Nel panorama sempre più veloce e competitivo del design contemporaneo nasce il desiderio di fermarsi per ascoltare, per ridefinire il proprio sguardo, per tornare all’essenza. Federica Biasi ci racconta una fase personale e professionale che segna un punto di svolta nel suo percorso creativo.
Dopo un momento di pausa, il suo ritorno al Salone del Mobile 2025 assume il valore di una rinascita progettuale, di una visione più autentica e consapevole. Al centro, la materia: non più semplice strumento espressivo, ma presenza viva e narrante, capace di evocare emozioni, identità e memoria.
“È un percorso che si nutre del dialogo tra artigianalità, matericità e visione progettuale, con una crescente attenzione alla verità intrinseca dei materiali e alla loro capacità evocativa.”
Ogni progetto diventa così un territorio da abitare con dedizione, con il desiderio di restituire al design il suo tempo naturale, fatto di osservazione, ascolto e trasformazione.
Una testimonianza preziosa che invita a ripensare il valore stesso del progettare oggi.
Nei tuoi ultimi progetti emerge un dialogo tra culture diverse, che trovano un’armonia attraverso l’artigianato e la tradizione. Quali sono i principi che guidano questa ricerca e come riesci a creare una sintesi così equilibrata?
Nel mio lavoro cerco sempre un equilibrio sottile tra mondi diversi, tra radici e innovazione, tra la sensibilità mediterranea e suggestioni più lontane. Il dialogo tra culture nasce da un ascolto profondo: osservo le tecniche artigianali, i materiali, le cromie, ma soprattutto le storie che ogni cultura porta con sé. Non si tratta mai di sovrapporre, ma di intrecciare con rispetto e leggerezza.
I principi che mi guidano sono l’empatia, l’armonia delle forme e una visione poetica della funzionalità. Cerco di tradurre la tradizione in linguaggi contemporanei, lasciando che ogni progetto abbia un suo respiro, come se contenesse dentro di sé un racconto silenzioso.
La sintesi nasce così: da un processo di sottrazione e ascolto, dove ogni dettaglio ha un senso e nulla dovrebbe essere un eccesso.
Le culture orientali sono una fonte d’ispirazione ricorrente nei tuoi progetti, talvolta in modo esplicito, altre in maniera più sottile. Cosa ti affascina di più di queste tradizioni e in che modo le declini nel tuo linguaggio progettuale?
Ciò che mi affascina delle culture orientali è la loro capacità di cogliere la bellezza nel silenzio, nei gesti minimi. C’è una delicatezza nel modo in cui si relazionano alla materia, al tempo e allo spazio, che sento molto vicina al mio modo di progettare. Il concetto di vuoto, di sospensione, sono elementi che influenzano profondamente la mia estetica.
Non cerco mai di imitare, ma di assorbire un’attitudine, un ritmo. A volte questa ispirazione si traduce in un dettaglio costruttivo, in una palette cromatica, in un uso calibrato della texture.
Saha | Gervasoni
Kimono | Decoratori Bassanes | MDW25i
Nei tuoi ultimi lavori, la materia sembra avere un ruolo centrale, non solo nella resa estetica, ma anche nella narrazione del progetto. Come scegli i materiali e in che modo influenzano il processo creativo?
Per me la materia è un punto di partenza, non un semplice mezzo. Quando posso.
È spesso il materiale a suggerire la forma, il ritmo, persino l’emozione del progetto. Lo scelgo con attenzione, ascoltando le sue caratteristiche, il modo in cui invecchia, se invecchia, o reagisce alla luce e al tempo, al tatto, ai sensi.
Prediligo materiali autentici, che portino con sé una certa tattilità e imperfezione, perché credo che siano questi aspetti a rendere un oggetto vivo e vicino a chi lo usa. La materia guida il processo creativo, impone dei limiti ma apre anche possibilità inaspettate.
Come nasce l’ispirazione per un nuovo progetto? Ci puoi raccontare il processo di costruzione di una moodboard e come riesci a creare un’armonia visiva tra elementi anche molto diversi tra loro?
L’ispirazione spesso affiora durante i viaggi, nella contemplazione della natura o attraverso l’obiettivo della macchina fotografica, comunque sempre fuori dallo studio. Parlo della prima idea. Frammenti visivi raccolti nel tempo diventano appunti emotivi, tracce da cui partire.
Il moodboard è il primo gesto progettuale, una composizione intuitiva ma colta, dove immagini, materiali e riferimenti a volte anche letterari o artistici iniziano a dialogare. L’armonia poi si costruisce per affinità sottili, come in una partitura visiva.
Penso a Aby Warburg e al suo atlante Mnemosyne: ogni progetto è un montaggio di memorie, un sistema aperto di segni in attesa di prendere forma.
È un processo di pancia, ma al tempo stesso pensato nei dettagli.
Sam | Frigerio
Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi progetti per il Salone del Mobile 2025? In che modo riflettono le ultime evoluzioni del tuo pensiero progettuale?
Posso anticipare che i progetti per il Salone del Mobile 2025 saranno il riflesso di una ricerca sempre più consapevole sul tema dell’identità materiale e culturale degli oggetti. Saranno collezioni dove la componente tattile e la memoria del fare artigianale avranno un ruolo centrale, ma tradotte attraverso un linguaggio essenziale e contemporaneo.
Il mio pensiero progettuale si sta orientando verso una sottrazione ancora più radicale, dove ogni dettaglio è necessario e nulla è decorativo. Se penso al progetto Antigua per Emu, abbiamo sottratto molto rispetto alla prima proposta, tolto dettagli, cercato di mantenere la struttura visibile il più possibile, e trattato il prodotto come intreccio arcaico, semplice.
Antigua | Emu
C’è anche una riflessione più profonda sul tempo degli oggetti, sulla loro capacità di durare, di essere accolti e di evolvere nel vissuto quotidiano, e li nasce il progetto della collezione Aura per Koru un brand che nasce proprio quest’anno, incentrato sull’esperienza e-commerce e la sostenibiltà, era da tanto che volevo fare una collezione in legno massello, fatta di dettagli quasi invisibili, una collezione davvero sottile, io infondo mi circondo di oggetti semplici, e per una volta ho voluto concentrare davvero il design sulla pura essenzialità.
Aura Chair | Koru
Aura Coffee Table | Koru
In un certo senso, è un ritorno all’essenza, ma filtrato da un bagaglio visivo e culturale che continua ad arricchirsi con ogni progetto.
Qual è la tua idea di casa oggi? E come pensi che stia cambiando il concetto di abitare contemporaneo?
Oggi vedo la casa come un luogo di sospensione, uno spazio che deve accogliere senza affermare, proteggere senza isolare. È un ambiente che riflette chi siamo, non solo esteticamente ma emotivamente, in continua trasformazione insieme a noi.
C’è un angolo o una stanza della tua casa a cui sei particolarmente legata? Cosa la rende speciale per te? Se ti fa piacere, potresti condividerci una foto inedita?
In realtà sento di avere un legame profondo con ogni parte della casa, ma forse l’ingresso occupa un posto speciale. È una sorta di racconto silenzioso di me e del mio compagno, un ritratto discreto delle nostre passioni. È uno spazio essenziale, quasi scarno, ma abitato da pochi oggetti scelti con cura, provenienti da diverse parti del mondo, da noi o da persone a noi vicine, tutti rigorosamente artigianali. Sono proprio loro, con la loro presenza autentica, a stemperare il rigore minimalista che caratterizza il resto della casa.